“Siete tutti tatuati“, dicono con orrore mamme e zie.
E chi non ha sentito almeno una volta la domanda fatidica alzi la mano: “Ma perché ti macchi il corpo?”
Siamo la generazione tattoo, quella che viene dalle università e non dalla galera o dalla guerra, quelli tatuati per moda, per scelta, per stile, a volte anche per incoscienza. Siamo quelli un po’ criticati perché “una volta i tatuaggi ce li avevano i delinquenti ” e noi, invece, siamo laureati, imprenditori, avvocati e medici; di destra e di sinistra; artisti o uomini di scienza; cattolici e atei. Non sembriamo tutti dei veri duri, anzi amiamo i contrasti.
I tatuaggi hanno origini tribali antichissime, ma anche in Europa ne abbiamo traccia già in epoca romana, quando i soldati, durante gli scontri con i britannici, videro che questi portavano sulla pelle dei segni distintivi del loro onore e forza. Nonostante nell’antica Roma il corpo fosse considerato sacro, qualche giovane alternativo diede il la a questa moda, causando la reazione a catena che oggi ha portato gladiatori e Colossei tatuati sulle braccia dei fieri romani – si scherza, ci piacciono anche quelli.
Solo nel 1700, i marinai europei verranno a contatto con le popolazioni indigene delle isole del Centro e Sud del Pacifico, dove ogni tattoo aveva una specifica valenza sociale e culturale. Ad esempio, quando le ragazze tahitiane raggiungevano la maturità sessuale, le loro natiche venivano dipinte di nero; nel Borneo, gli indigeni si tatuavano un occhio sul palmo delle mani che li avrebbe aiutati nel passaggio all’aldilà; ancora, a Samoa, era diffuso un tatuaggio su tutto il corpo, 5 giorni di realizzazione tra dolori e imprecazioni, se li superavi venivi onorato con una grande festa. Mica come oggi, che appena un bambino mette un piede davanti all’altro ecco che arrivano clown, compagnetti e scivoli gonfiabili.
Sia che abbia una valenza puramente estetica, o che sia l’espressione di un momento importante della propria vita, il tatuaggio si sta lentamente liberando della coltre di pregiudizi e ottusità che lo circondava. Non è più prerogativa del cecchino o dello strangolatore, ma di tutta un’epoca: la generazione tattoo oggi va dai 15 anni ai 30/35, quindi accomuna un range molto ampio di età, abitudini ed educazioni diverse. Per non parlare dei cartoni animati, tutta un’altra storia, eppure in questo siamo simili.
Noi duri fuori e morbidi dentro, siamo i tatuati “Cuor di Ciobar “.
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