Tre del pomeriggio, 40 gradi, afa e sudore. Li vedi lì, tutti stipati sotto un ombrellone, bambini, genitori, nonni e zii, che cercano di sopravvivere alle ore più calde della giornata senza cedere alla tentazione di entrare in acqua perché, si sa, il bagno dopo mangiato non si può fare. Bisogna far passare quelle fatidiche due o tre ore, in base alle proprie ricerche su Google; due ore scandite a quarti dalla costante domanda dei figli: “Mamma, ora posso entrare in acqua?” E lei, ferma: “No, un bambino è morto.” Perché c’è sempre un povero bambino a caso che ha affrontato la morte almeno un milione di volte per le cause più disparate; è un bambino molto forte, risorge sempre e ha l’unica funzione di scoraggiare la popolazione mondiale sotto gli 8 anni a fare qualsiasi azione non approvata dai genitori.
Il falso mito del bagno dopo mangiato, tuttavia, è un uso diffuso anche nella fascia adulta e viene spesso preso come regola scientifica: due ore e poi mi tuffo a pesce. Niente di più sbagliato, spiegano gli esperti tra cui il dottor Alberto Ferrando, anche istruttore di rianimazione cardiopolmonare, che ha rilasciato un intervista a TGCOM24. Quindi si tratta di una bufala, dice, “peraltro molto italiana, visto che negli altri Paesi non è consueto. In realtà non esiste un’esigenza scientifica che prescriva di aspettare prima di fare il bagno”. Il comportamento corretto varia di caso in caso, naturalmente se ci si è abbuffati di pasta al forno e panini con la salsiccia, non saranno sufficienti tre ore e, incredibilmente, anche un insalata con tonno può rivelarsi molto pesante, dato che ci vogliono sei ore per essere digerirlo.
Gli accorgimenti da prendere in spiaggia non sono, quindi, quanto tempo deve passare dal pranzo prima di potersi bagnare, ma fare dei pasti leggeri e ricchi di acqua e zuccheri, non fare attività fisica pesante a stomaco pieno, non assumere sostanze alcoliche e immergersi in acqua in modo graduale.
“Una delle ragioni riferite dalla vox populi a giustificazione del ritardare il bagno dopo il pasto, – scrive ancora Ferrando – farebbe riferimento al dirottamento dell’afflusso sanguigno verso l’intestino in digestione. Di fatto il nostro apparato cardiovascolare è perfettamente in grado di fare fronte alle due necessità contemporaneamente. È evidente che poi a fare la differenza è il tipo di attività fisica che ci disponiamo ad attuare. In tal senso, direi che subito dopo un pasto abbondante non è il caso, per un bimbo di 10 anni, di fare una gara con il fratellino di 7 a chi arriva prima alla boa, ma giocare sulla battigia e nuoticchiare non ha realmente controindicazioni.”
Un’immersione troppo violenta in acqua, invece, può causare crisi vagali e svenimenti, dunque è più frequente il rischio di sincope che quello di congestione. Sentitevi liberi di fare il bagno dopo mangiato questa estate, magari seguendo questi semplici accorgimenti e tenendo d’occhio i vostri bambini, perché la principale causa di morte in acqua rimane sempre l’annegamento.
Le 8 cause di morte per annegamento secondo il dottor Ferrando:
1. La presenza di una piscina privata in una casa dove ci sono bambini fra 1 a 4 anni.
2. Non aver imparato a nuotare.
3. La mancanza di barriere che impediscano ai bambini di accedere alla piscina.
4. La mancanza di supervisione costante sui bambini nei luoghi a rischio.
5. Per i ragazzi al di sopra dei 15 anni, invece, l’annegamento è più probabile in acque di fiume, mare o lago, a causa di comportamenti incauti (fare il bagno in condizioni climatiche avverse -acqua agitata-, andare troppo al largo e stancarsi eccessivamente nuotando)
6. Il mancato uso di giubbotti di salvataggio sulle imbarcazioni.
7. L’uso di alcol.
8. La presenza di epilessia o disturbi neurologici analoghi.